Negli ultimi anni, in Italia, siamo stati invasi dal boom del “naturale”: integratori, cibo biologico, operatori del benessere, scuole e associazioni, metodi e tecniche orientali e chi più ne ha più e metta.Dalla profonda necessità di un ritorno alla connessione con la natura, dopo gli eccessi nella produzione di ogni qualsivoglia sostanza chimica, le persone hanno cominciato a guardare oltre confine, dove gli approcci naturali esistono da almeno 5mila anni, come ad esempio la medicina tradizionale cinese.
Non starò a parlare della lotta contro le lobby farmaceutiche, le varie caste di professionisti, opinioni contrastanti su gli studi scientifici e altro…non è questo il punto.
Le cure naturali sono affidabili? Hanno valenza scientifica? Gli operatori sono preparati?
Queste domande frullano nella mente di ogni persona che viene a contatto con l’approccio così detto “olistico”, “complementare”, “alternativo”. Vuoi per curiosità, vuoi per disperazione, vuoi per il “boom pubblicitario” che invade social network, riviste, pubblicità, negozi del settore.
È lecito farsi certe domande: non facendo parte della nostra cultura, le persone hanno bisogno di più informazioni, di essere rassicurate per trovare una o più strade terapeutiche per il proprio problema. E poi diciamolo, la fregatura è dietro l’angolo: siamo abituati, e lo dico a malincuore, a essere soggetti a truffe; capita anche negli altri settori professionali perché non sempre il professionista è preparato, e soprattutto onesto, o i prodotti sono di scarsa qualità, ma spacciati per buoni.
Questa mia sincerità deriva dalla mia formazione culturale e scolastica: dopo un’esperienza personale di malattia che ha cambiato la mia visione del mondo, il mio desiderio di aiutare le persone è cresciuto in maniera esponenziale. Volevo diventare un chirurgo, precisamente un neurochirurgo. Per l’età e per una problematica diciamo strutturale, non ho potuto intraprendere questo tipo di percorso studi e mi sono chiesta come poter fare a sostenere problematiche gestibili e, perché no, uscire dai canoni classici della medicina rispettando comunque la scienza medica.
Amante della natura ho ripreso gli studi in Erboristeria proseguendo poi con altre discipline come Naturopatia, Kinesiologia e Floriterapia.
Qual è il punto?
Il punto è che servono conoscenze scientifiche. È doveroso sapere come funziona il corpo umano, capire come un rimedio naturale interagisce con un farmaco, se un determinato alimento è adatto a quel tipo di persona, sviluppando contemporaneamente quel tocco gentile umano che sta alla base dei rapporti e delle relazioni di aiuto, senza il quale non si crea empatia.
E per questo ci vuole tempo, anni di studio, corsi di aggiornamento, notti sui libri e tante cervicalgie. Non è uno scherzo. Non si scherza con il benessere delle persone.
Gli operatori spesso non sviluppano questa consapevolezza e ahimè, il “file” è arduo da inserire se Madre Natura non lo ha predisposto alla nascita: ogni terapeuta ha un campo d’azione e possiede una predisposizione.
I “tuttologi”, secondo il mio punto di vista, non hanno le idee chiare: come in medicina classica, anche in “medicina naturale” esistono le specializzazioni e ritengo sia onesto lasciare la persona ad altri professionisti se non si è in grado di trattare determinate problematiche.
È questione di cultura o di pregiudizi?
Ambedue i fattori. All’estero esistono Università e Accademie dedicate alla medicina naturale, con una didattica ben precisa: le persone al di là del confine trovano naturale recarsi dal naturopata, erborista, iridologo per un consulto, vista anche l’importanza che viene data alla professione in termini legali.
Io stessa mi sono formata e mi formo anche all’estero: in Italia fortunatamente è stato fatto negli ultimi dieci anni un processo di sensibilizzazione e questo aiuta, grazie ad associazioni, aziende e scuole che erogano comunque dei corsi di aggiornamento ottimali.
Il pregiudizio è una forma naturale di protezione e rigidità mentale riguardo a ciò che non si conosce: spesso, senza aver provato un cibo, senza essere stati in un luogo oppure aver parlato con una persona di etnia diversa dalla nostra, partiamo con un pensiero pre-impostato, sentito da parenti, amici, letto sui giornali o sentito per televisione.
Come diceva Albert Einstein : “è più facile scindere un atomo che sciogliere un pregiudizio”, quindi deduciamo quanti problemi ci poniamo e a volte dirsi un “perché no” , “proviamo” può aiutare a sciogliere queste rigidità e a chiedersi come mai abbiamo un pregiudizio, se siamo noi che lo pensiamo veramente o siamo condizionati dall’esterno.
Ascoltare il proprio istinto o essere certi che un operatore sia valido sono altri punti focali che spingono la persona a rivolgersi a trattamenti differenti dalla norma.
Quando possiamo ricorrere alle cure naturali?
I trattamenti complementari dovrebbero essere considerati a carattere preventivo: siamo abituati a pensare a noi stessi quando il corpo “urla” o quando stiamo emotivamente a terra.
Se siamo consapevoli che abbiamo una tendenza ad ammalarci di raffreddore per esempio, perché non fare un check-up preventivo prima che esploda la problematica? Perché non abituarsi a evitare determinati cibi se sappiamo essere negativi per il nostro sistema? Perché non assumere un integratore di buona qualità, sotto consiglio di un professionista, per prevenire determinati disturbi? Perché non depurare il corpo durante l’anno se si assumono farmaci? Perché non farsi un ciclo di trattamenti energetici (shiatsu, agopuntura, kinesiologia ecc.) o un ciclo di massaggi, anche per regalarci qualcosa senza vivere sempre con lo stress alla gola?
L’alimentazione e l’equilibrio psico-fisico sono una delle fasi cruciali e determinanti nei processi di guarigione e la consapevolezza di tutti questi fattori è l’aspetto più arduo da far comprendere, in quanto uscire dalla “zona comfort” è difficile, rinunciare alle abitudini per il nostro cervello non è comprensibile e questo lo sanno bene gli psicoterapeuti.
I miei sono circa dieci anni di attività e il fattore, il motore che mi spinge a continuare sia la formazione sia la professione è la prevenzione: la chirurgia mi ha salvata, la prevenzione mi sta curando; la medicina complementare è definita così in quanto è un complemento della medicina classica e dovrebbe essere parte del processo preventivo.
Questo non significa evitare i check up clinici, le psicoterapie o le diete: spesso le persone fanno lo sbaglio di diventare assolutisti. O “chimico” o “naturale”, o “vegano” o “onnivoro”; personalmente è l’equilibrio che sta alla base della salute e del benessere, l’integrazione di diverse culture e tecniche: siamo tutti unici e uniche devono essere le terapie, le integrazioni, le diete, le scelte alimentari. Tutto non è per tutti.
Attenzione al fai da te
Un altro fattore che mi preme toccare è la conoscenza e l’informazione: quante persone abusano del fai da te? Quanti assumo farmaci senza chiedere al medico o integratori senza chiedere al farmacista, erborista o naturopata e ascoltando il vicino di casa che consiglia senza la conoscenza adeguata? Quanti si cimentano in diete sbilanciate senza chiedere un consulto al nutrizionista o al dietologo, perché leggono on-line o si affidano a programmi della moda del momento? Questa è mancanza di cultura, di informazione e di buon senso.
Mi ricordo diversi casi di persone venute in studio per dolori addominali e problematiche di intestino: avevano letto su Internet e preso integratori di scarsa qualità o consigliati dal venditore non formato scientificamente. Con una persona abbiamo impiegato circa sei mesi per tornare in equilibrio tra intestino e fegato, un’altra ha sofferto di pancreatite per una disintossicazione fatta scorrettamente, un’altra impiegò quattro mesi perché il gonfiore passasse dopo aver assunto un integratore sbagliato con tutti gli effetti collaterali spiacevoli che non vorrei raccontare.
E poi il corpo reagisce e ci vogliono mesi, soldi, controlli, esami per ritornare in salute.
È assolutamente consigliato rivolgersi al professionista: costruiresti mai una casa senza sapere come fare le fondamenta? Mangeresti mai un’erba di campo senza conoscerla? È la stessa cosa.
Noi siamo natura, siamo corpo, emozioni ed energia: tutte queste componenti dialogano continuamente; il professionista di medicina complementare valuta l’essere umano a 360 gradi in quella che si chiama visione olistica, visione d’insieme. Non siamo il malessere ma l’insieme di fattori che hanno sviluppato quel malessere: anche una semplice influenza ha un significato sia fisico, emotivo ed energetico e per capire come trattare un disturbo bisogna essere preparati.
La Natura se usata scorrettamente può causare danni, può avvelenarci. Come il terapeuta sbagliato.
Cambiare e procedere per una strada più lunga affrontando gli ostacoli emotivi, le rinunce alimentari scorrette, dedicarsi del tempo è messo spesso in secondo luogo. Si preferisce la strada corta, annebbiata, ma alla fine è con noi stessi che passeremo i prossimi momenti, minuti, anni in questa vita sulla terra. Cerchiamo di volerci bene sinceramente.
Per prenotare una consulenza in studio clicca sul link!
Articolo pubblicato per www.ohga.it